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Il 6 ottobre le “Sentinelle in piedi” che manifestavano a Napoli hanno incontrato una colorata e colorita protesta a opera dei manifestanti di segno contrario.

L’episodio si è segnalato per il vivace dialogo fra contro-manifestanti e sentinelle e per aver messo in risalto il tipo di partita che in realtà si sta giocando: quella dei temi “non negoziabili”, vulnus cromosomico della democrazia. Possiamo mediare su tutto, ma su vita e morte no.

I due punti di vista sono ugualmente comprensibili, ma allo stesso tempo entrambi poggiano su un arrière-pensée farlocco e analfabeta.

Le sentinelle ritengono che la famiglia debba essere composta da uomo e donna che procreano, i contro-manifestanti ritengono che le coppie di omosessuali debbano godere dei medesimi diritti dei cittadini eterosessuali (quindi anche sposarsi civilmente e adottare).

Ma, per quanto riguarda le sentinelle, l’asserto che famiglia e genitorialità abbiano diritto di esistere solo all’interno dell’eterosessualità è palesemente mutuato dalla sfera religiosa, che in uno Stato di diritto è tutelata, ma per fortuna limitata. La Bibbia dice tante cose e un fedele dovrebbe rispettarle tutte, ma poi c’è sempre una selezione e ci ritroviamo fra i piedi i soliti adepti della “religione fai-da-te” oggi in voga grazie alla sistematica ignoranza dei precetti: si difende la vita, ma poi siamo uno dei paesi più corrotti del mondo (il “non rubare” non è mai stato molto popolare). Insomma sono interlocutori incoerenti che la girano un po’ come vogliono e che non sono molto versati nell’argomentazione teoretica (“Dio ha creato Adamo ed Eva, non Adamo e Adamo” o “La Natura ci ha fatti maschi e femmine” e altre chicche da sussidiario dell’anteguerra).

Mentre, per quanto riguarda i contro-manifestanti, la loro mentalità emerge chiaramente dalla frase che uno del gruppo indirizza alle sentinelle: “scopate di più”, come se tutto si riducesse a una scarsa attività sessuale, che sarebbe come dire che il 41/bis è stato introdotto perché il legislatore usciva poco di casa. Lo “scopate di più” è il parente povero (per non dire il parente stupido) di quella forma mentis che derubrica a “rosicamento” ogni critica al proprio operato e alle proprie convinzioni. “Brutta cosa l’invidia!” è il ritornello dei coatti sotto assedio; Berlusconi lo diceva ai comunisti invisibili; Matteo Renzi risponde di non gufare, come se le critiche gli fossero mosse unicamente per antipatia e non per un ragionamento ponderato. Tutti modi per non dover dare conto delle proprie insufficienze a chi le mette in luce.

Le sentinelle che stanno lì a difendere la famiglia (come se qualcuno volesse proibire il matrimonio fra etero) forse ignorano che dove da tempo i gay adottano si è notato che i loro figli non solo non manifestano maggiori problemi dei bambini appartenenti a coppie eterosessuali, ma che addirittura mostrano una più marcata sensibilità nei confronti delle istanze del prossimo. Del resto ci sarebbe da chiedersi quali problemi dovrebbero venire a crearsi nel bambino stando a contatto con dei genitori omosessuali: c’è forse il rischio che diventi omosessuale a sua volta? Se fosse questo il problema dovremmo concludere che sono le famiglie etero a portare all’omosessualità, visto che tutti i gay fino a poco tempo fa hanno avuto un padre e una madre. Viceversa, se i problemi dovessero essere di altra natura, dovremmo comunque fare il paragone col modello eterosessuale, che non è certamente tutto rose e fiori.

Ai contro-manifestanti dovremmo rispondere che il loro approccio alla faccenda è elementare e destrutturato, senza nessuna profondità, semplicistico rispetto alle questioni che tira in causa, asservito alla censura democratica del dissenso (la gente contestata, fino a prova contraria, gode della libertà d’espressione e d’opinione, almeno finché non tracima nell’offesa gratuita). Rispondere “scopate di più” significa non aver capito il problema di diritto che si pone in essere e che riguarda i diritti del nascituro: se prima gli toccava nascere in una famiglia eterosessuale, oggi c’è un bivio che lo riguarda molto da vicino e lo coinvolge esistenzialmente ma su cui non può pronunciarsi, un po’ come se i genitori potessero deciderne il sesso prima della nascita. Non è un problema etico (gli attivisti ci sono cascati per rimbeccare la Chiesa, ma prima o poi bisognerà dirglielo) bensì di diritto e i sostenitori dell’adozione-gay (espressione giornalistica che non significa nulla, come “divano-gay” o “becco di Bunsen-gay”) si mostrano spesso totalmente impreparati a sviscerare questo punto, che non si risolve stendendo al balcone una bandiera arcobaleno.

Ma siccome sono temi non negoziabili non ci sarà mediazione e confronto. Ci sarà solo uno scontro dove vincerà la superiorità numerica, la potenza d’impatto e il peso economico-elettorale di uno dei contendenti e non i valori, come credono i semplici. E chiediamoci pure perché il dibattito pubblico sul tema s’è ridotto a qualche piazzata a buon mercato.

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